Chi assaggia la
carne Wagyu per la prima volta probabilmente la troverà eccellente, qualsiasi sia la sua provenienza, per via delle sue caratteristiche di marezzatura che la rendano altamente gustosa e morbida.
Wagyu è una parola composta formata da due ideogrammi giapponesi:
“WA” (和), che significa
Giappone, e
“GYU” (牛), che vuol dire
manzo. Il suo significato finale è quindi “manzo giapponese”. Questo termine viene usato per indicare determinate razze di manzo giapponese che, grazie a degli incroci effettuati nei secoli e a dei metodi di allevamento specifici e molto particolari, vantano una carne ricca di grasso intramuscolare (le venature del grasso nella carne danno vita alla cosiddetta marezzatura) molto aromatico, dolce e, difficile da credere, salutare…
La carne Wagyu, per questo, non è tutta uguale e le differenze vanno cercate nella tipologia di animale, nelle tecniche di allevamento e nella zona in cui gli animali nascono e crescono.
Innanzitutto, c’è una prima importantissima distinzione da fare tra
Wagyu giapponese e
Wagyu estera. La prima, infatti, proviene da animali nati, allevati e macellati esattamente nel paese che gli dà il nome, il resto è frutto dell’esportazione dal Giappone di animali Wagyu avvenuta negli anni passati, e quindi di animali che nascono, crescono e vengono macellati in un altro paese, dove esistono un altro terreno, un altro clima e altre tecniche di allevamento. Da diversi anni non è più possibile esportare animali vivi, quindi non è nemmeno possibile trovare una mucca Wagyu giapponese esportata e allevata all’estero.
Anche all’interno della categoria
“Wagyu made in Japan”, però, ci sono delle differenze che denotano varie caratteristiche finali della carne, e che possiamo esprimere in termini di DOP, di provenienza o di sottozona. La cosa che incide di più è sicuramente la provenienza geografica, per questioni di clima e di temperature in cui crescono gli animali; la seconda è la metodologia di allevamento (e quindi anche dei mangimi utilizzati), che può andare da quello rigorosamente tradizionale a quello in cui vengono utilizzate tecnologie all’avanguardia, o ancora da quello di nicchia, in cui c’è una grande ricerca per ottenere una carne con un gusto ben determinato, a quelli di Kagoshima, dove si mira più alla quantità che alla qualità, pur restando tutti degli ottimi prodotti.
Queste differenze daranno vita a varie caratteristiche della carne e, al fine di poter determinare il valore di una carne rispetto a un’altra, la
Japan Meat Grading Association ha creato una classificazione che si basa sul rendimento-resa della carcassa, ossia su quanta carne di alta qualità è presente nella carcassa, che va dal grado A, il più alto, al grado C, il più basso, e sulla qualità in termini di colore e brillantezza della carne, compattezza e texture della carne, colore, lucentezza e qualità del grasso, che va da 1 a 5 (dal livello più basso, scadente, al più alto, eccellente).
LA RESA DELLA CLASSE A – B – C La resa dell’animale, quindi ciò che resta togliendo la percentuale di scarto (troppo grasso, nervi ecc.), segue questo criterio:
- A = Superiore allo standard (72% o superiore di carne di utilizzabile)
- B = Nello standard (da 69% a 72%)
- C = Inferiore allo standard (inferiore al 69%)
Un ulteriore punteggio è costituito dal
Beef Marble Score (BMS), che va da 1 a 12 (anche se le carni di grado da 1 a 3 non sono nemmeno classificate come Wagyu) e indica il livello di marmorizzazione, ossia di infiltrazione di grasso intramuscolare. Per poter essere qualificata come A5, ad esempio, oltre a tutte le altre caratteristiche, la carne deve avere un punteggio BMS di almeno 8.
Il BMS viene suddiviso così:
- Scadente (BMS 1)
- Sotto la media (BMS 2)
- Nella media (BMS 3 o 4)
- Buono (BMS da 5 a 7)
- Eccellente (BMS da 8 a 12)
Se, ad esempio, le parti
“colore e brillantezza della carne”,
“compattezza e texture della carne” e
“BMS” vengono valutate con punteggio 5, ma la parte “colore, lucentezza e qualità del grasso” viene valutata con punteggio 4, il punteggio globale sarà 4. Ragazzi, con la Wagyu non si scherza.
LA “NON PREMIUM” WAGYU Dopo tutti questi schemi, abbiamo quindi capito che questa carne viene classificata in un range che va da C1 ad A5, dove A5 è il livello di qualità (e costo) più alto. Le carni classificate
A4-A5 e
B4-B5 sono definite carni
Premium Wagyu, mentre quelle con punteggio più basso sono classificate come
Wagyu non premium.
Non potendo chiaramente smembrare le carcasse prima di venderle, nella valutazione viene preso come riferimento un punto della carcassa preciso, e tutto l’animale viene poi valutato al suo livello. In Giappone questo punto si trova tra la sesta e la settima costola, in Australia, dove viene applicato un sistema di classificazione diverso, tra la decima e l’undicesima costola. È chiaro quindi che l’assegnazione dei punteggi non si basa su un’analisi scientifica ma sulla precisione e sull’esperienza di chi valuta la carne.
Chi svolge questa mansione viene considerato, infatti, un vero e proprio guru del Wagyu, un altissimo conoscitore che, solamente alla vista, è in grado di stabilire in poco tempo di che tipo di carne si tratta e che caratteristiche ha. È un po’ come chi nel nostro paese valuta il Parmigiano, i famosi “battitori”, che senza tagliare una forma, ma solo con l’ausilio dell’olfatto, dell’udito e di un minuscolo ago a vite, possono decidere se è adatta o meno a essere messa sul mercato. Forse non potranno dirvi con esattezza la percentuale delle varie componenti presenti nel formaggio, ma probabilmente ci andranno molto vicini.
Allo stesso modo, il mondo dei valutatori della carne di Wagyu è un mondo fatto di tradizione, di cultura e di storia, di uomini che hanno dedicato e dedicano la vita allo studio di questa razza e dei metodi per migliorarla.
FONTE:
www.wagyucompany.com