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IL WASABI…QUESTO SCONOSCIUTO

Il Wasabi è il nome volgare del ravanello giapponese (in botanica conosciuta come Wasabia japonica, Cochlearia wasabi, o Eutrema japonica) appartenente alla stessa famiglia del rafano, dei cavoli e della senape (Cruciferae o Brassicacee); questa pianta cresce spontanea lungo le valli fluviali ed i torrenti montani del Giappone. Le due specie più coltivate del wasabi sono la W. japonica var. Daruma e var. Mazuma. Della pianta, si utilizzano sia le foglie che il rizoma: le foglie, previa essiccazione, sono utilizzate in ambito culinario per dare corpo e sapore a molte pietanze, quali insalate, pane e formaggi.

La radice è invece ampiamente utilizzata per preparare salse piccantissime e – sembra – particolarmente appetitose. Più che di salsa, si dovrebbe parlare di pasta, data la sua consistenza esclusiva e densa: non a caso, le salse wasabi sono reperibili in tubetti molto simili a quelli del dentifricio. Il wasabi richiede alcune condizioni ideali di acqua e di luce: quello di qualità superiore viene coltivato su alberi ombreggiati, talvolta su appositi “terreni di ghiaia”, coperti da un velo di acqua sgorgante dai torrenti di montagna.

Come intuibile, la coltivazione del wasabi è piuttosto complessa: soprattutto in Giappone, dove la richiesta è molto consistente, si trovano pochissimi luoghi adatti alla coltivazione del wasabi su larga scala. Per ovviare a questo problema, in Giappone sono state costruite strutture artificiali per la coltivazione del wasabi, che riproducono le condizioni di irrigazioni delle crescite naturali, evitando la totale immersione delle radici nell’acqua e irrorando le piantine dall’alto continuamente. Malgrado questa pianta possa essere raccolta durante tutto l’anno, le condizioni di cui sopra ne rendono difficilissima la coltivazione e fanno si che si annoveri tra le piante più difficili da coltivare al mondo! Pensate che per riuscire a vedere i suoi semi si dovrebbe aspettare almeno 6 anni e per la maturità della pianta, quindi per essere pronta per il raccolto, occorre almeno un anno.

Come abbiamo visto, la radice del wasabi è sfruttata per la preparazione di salse da utilizzare come condimento per carni e soprattutto per accompagnare il pesce crudo, tipica raffinatezza nipponica. La salsa ottenuta vanta proprietà antisettiche ed è ricchissima di vitamina C, potente antiossidante naturale per eccellenza: ecco perché il suo utilizzo è consigliato come accompagnamento di pesci crudi, sushi, soba, tempura e sashimi. La salsa wasabi presenta una colorazione verdastra ed il sapore è molto simile al Daikon, ma esageratamente più piccante. Questa salsa è conosciuta anche come “namida”, vale a dire lacrima: infatti, quando assunta in quantità abbondanti, la piccantezza estrema del wasabi sembra indurre la lacrimazione.

In commercio, la salsa wasabi si trova sotto forma di polvere (sapore meno pungente) o di pasta.  Proprio a causa della difficoltà con cui viene coltivata questa pianta, il wasabi puro (Hon Wasabi) ha un costo molto elevato (fino a 100 € per 100 g) ed è anche per questo che esistono molti surrogati del wasabi (il cosiddetto Western Wasabi). Questi ultimi sono quelli che generalmente vengono serviti nei ristoranti, soprattutto quelli all-you-can-eat.

Si stima che in tutto il mondo (Giappone compreso) il 95% dei ristoranti giapponesi serve Western wasabi e non la versione pura. Queste paste di Western wasabi contengono principalmente il rafano per ricordare il sapore piccante del wasabi e l’alga spirulina o coloranti per conferire il colore verde. Oppure, molto spesso, sono formate dal 95% di rafano e soltanto dal 5% di wasabi. Visivamente, l’Hon Wasabi ha un aspetto diverso da quello del Western Wasabi: il primo è sostanzialmente la radice grattugiata di Eutrema japonicum, quindi ha una consistenza granulosa più che cremosa. Il Western Wasabi invece viene presentato in forma cremosa. All’assaggio, poi, l’Hon wasabi ha un retrogusto quasi balsamico, erboso e dolce, che arriva dopo il forte piccante, mentre il Western Wasabi non possiede questa caratteristica.

Un’ipotesi attuale sembra attribuire al wasabi la proprietà di aumentare la soglia del dolore, dunque la sopportazione dello stesso diverrebbe maggiormente tollerata. Questo potenziale effetto, peraltro solo parzialmente dimostrato, sembra essere dovuto al cosiddetto Wasabi receptor (in base agli studi effettuati presso la Facoltà di Medicina dell’Università di Firenze).

Inoltre, il wasabi vanta blande proprietà antibatteriche, antisettiche e digestive: al fine di ridurre la carica batterica del pesce crudo, la salsa rappresenta un ottimo espediente. L’unico limite al suo consumo è l’affaticamento del fegato se assunto in grosse quantità.

Fonte: www.my-personaltrainer.it/