Filetto: questa parola definisce il taglio in assoluto più tenero e pregiato della carne bovina, così unico che, a differenza di quanto accade per tutte le altre parti, viene chiamato allo stesso modo in tutte le regioni d’Italia. Il filetto occupa la volta della regione lombo-sacrale dell’animale. Corre parallelo alla costata, sotto le vertebre lombari e in prossimità dei reni. Ha più o meno la forma di un sottile cono, la cui base è a diretto contatto con lo scamone. Si tratta di un insieme di muscoli sottoposti a pochissimo sforzo e ciò spiega perché diano una carne così tenera. Purtroppo ha dimensioni ridottissime: rappresenta, infatti, appena il 2,5 per cento di tutta la carne che si può ricavare da un bovino e può pesare, al massimo, intorno ai quattro chili. Una volta ripulito del grasso che lo ricopre e delle parti di scarto, la porzione utile raggiunge, più o meno, il peso di tre chili. Questo spiega l’alto costo di questa prelibata carne.
IL TAGLIO DELLA CARNE Il filetto, dunque, è un pezzo unico ma, data la sua forma allungata che va restringendosi, lo si divide di solito in tre parti: la testa, cioè la parte più grossa, il cuore, ovvero la parte mediana, e la coda, la più sottile, che si trova sotto le costole. Delle tre, la testa è la meno fine, essendo un po’ intersecata da tendini e da tessuto connettivo; può essere utilizzata per bistecche, oppure ripulita e tritata finemente a coltello: serve per preparare bistecche alla tartara o anche, affettata, per un carpaccio. Dalla parte centrale, il cuore, di forma regolare, si possono ricavare le Chateaubriand, grossi tranci del peso di circa 400 grammi ciascuno, che si cuociono brevemente, come bistecche, per 2 persone. Dalla coda, che diventa via via più sottile, si possono tagliare (come del resto anche dal cuore) tranci di forma rotonda, i tournedos, o dei filettini ancor più minuscoli detti filets mignon (ne occorrono due o tre per una porzione). Anche dalla terza parte si possono tagliare fettine per carpacci e pezzetti da tritare a mano, con il coltello, per tartare di carne cruda.
LA PREPARAZIONE Uno dei motivi che fanno del filetto una carne tanto richiesta e gradita è che le preparazioni che lo utilizzano richiedono pochi minuti di cottura e ben poche elaborazioni e aggiunte di erbe e aromi. Il suo fondo di cottura, infatti, è quasi sempre sufficiente per portare a buon fine la lavorazione. Il filetto è così tenero e saporito che può essere mangiato perfino crudo o semplicemente scottato. Più a lungo lo si cuoce, meno tenero e succoso diventa.
LA PADELLA L’importante, comunque, è ricordare che il primo impatto con la padella è determinante per il risultato finale. La padella, infatti, meglio se di ferro, deve essere ben calda come pure il grasso (burro oppure olio). Al momento della rosolatura, si forma, infatti, la crosticina che impedisce agli umori di disperdersi (la carne rossa contiene poca umidità), trattenendoli all’interno per dare alla preparazione succosità e sapore. Una certa perdita di umidità, comunque, c’è sempre, tanto è vero che lo spessore di una bistecca ben cotta è inferiore a quello della stessa ancora cruda.
LA COTTURA Una bistecca di filetto del peso di 150/200 g richiede un tempo di cottura che va da 2 a 5 o 6 minuti per lato (i Francesi dicono da 1 a 4 minuti), a seconda che la si voglia al sangue oppure ben cotta. Naturalmente i tempi aumentano se il pezzo è più grande.
COME CAPIRE SE IL FILETTO E’ COTTO AL PUNTO GIUSTO Ci sono vari sistemi per scoprire a che punto di cottura la carne sia arrivata: uno di questi, empirico, ma comunque efficace, consiste nel pungerla con uno spiedino: se è ancora al sangue, ne uscirà una goccia, ma via via che la cottura procede, il colore del liquido che esce si fa sempre più chiaro. Va precisato che questa prova va fatta con moderazione, affinché le punzecchiature non facciano fuoriuscire i succhi della carne
LA TEMPERATURA Molto al sangue (blue, rare): per cuocere così una bistecca di filetto (spessore cm 3)occorrono 2′ per lato. Pungendola con uno spiedino, esce sangue di color rosso cupo. Temperatura misurata al centro, 45 °C.
Al sangue (saignant, medium-rare): per cuocere a questo punto la stessa fetta di filetto, occorrono 3′ 30” per lato; punta con uno spiedino, emette sangue di color rosso vivo. Temperatura al centro, 50 °C. Media o a metà (au point, medium): per questo grado di cottura occorrono 4′ 30” per lato. Pungendo il centro del filetto con uno spiedino, fuoriesce un succo color rosa. Temperatura al centro, circa 60 °C. Ben cotto (bien cuit, well done): per raggiungere questo grado di cottura occorrono 5′ 30” per lato. Pungendo il centro della fetta, il succo che esce è rosa limpido. La temperatura al centro è di circa 70 °C.
“PARARE” E “BARDARE” IL FILETTO Parare, nel gergo culinario, significa ripulire la carne da pelli, legamenti e parti grasse. Dal filetto va tolto il cordone che corre lungo il pezzo, incidendo con un coltello appuntito e ben affilato la pelle che lo tiene unito e poi tirando a sé. Tagliare quindi anche la pelle rimasta. I tournedos, il cui peso si aggira intorno ai 150 g, sono alti da 2 a 3 cm: perché cuociano in maniera regolare, consigliabile legarli con uno o due giri di spago bianco da cucina in modo che non si allarghino o si deformino in cottura. Bardarli (avvolgerli) con qualche fettina di lardo o di pancetta serve anche per trattenere, durante la cottura, i succhi della carne, che resterà così ancora più morbida e saporita. La permanenza della carne sulla griglia o in padella deve essere brevissima.
Fonte:
www.lacucinaitaliana.it