crudo

LA STORIA DEL PROSCIUTTO CRUDO

Uno dei cibi più deliziosi, presenti da secoli sulle tavole italiane e del mondo, è sicuramente il prosciutto crudo. Le prime notizie della produzione di prosciutto sono riconducibili al periodo della civiltà etrusca prima (VI-V secolo a.C.), e alla civiltà romana in seguito, allorchè un prodotto realizzato con la coscia di maiale salata e fatta essiccare imbellettava le migliori tavole di Roma.
La tecnica della salagione è stata utilizzata dai romani che qualificavano la coscia intera di suino, asciugata dal sale e da una lunga stagionatura, con l’aggettivo “perexsuccus”, molto asciutto, dal quale è derivato il termine prosciutto.
Già Ippocrate, nel V secolo a.C., considerava la carne di maiale “Quella che fornisce più energia al corpo e la più digeribile”. Ancora, Catone nel II secolo a. C. nel suo De Agricoltura spiegava i metodi di conservazione della coscia di suino.

Il maiale che abita per lo più nella Maremma Toscana e nella Pianura Padana è considerato fonte di sostentamento ideale. Inoltre grazie ai processi messi in atto, seppur in maniera ancora rudimentale, diviene il pasto più facile per gli eserciti. La conservazione a lunga durata per i tempi permetteva a questo prodotto di essere una provvista eccellente e duratura. Giulio Cesare si cibava di carni salate, un alimento molto adatto per le guerre di movimento di cui era maestro; e molto più tardi anche Cristoforo Colombo, per il suo secondo viaggio verso le Americhe, dopo essersi lamentato delle provviste alimentari che gli erano state date, chiedeva con insistenza del buon prosciutto. Durante tutto il periodo del medioevo, passando per l’età moderna, fino ad arrivare ai giorni nostri, le tecniche si sono affinate ma la sostanza è rimasta la stessa: il prosciutto crudo – carne di maiale salata ed essiccata – è una prelibatezza realizzata da secoli e secoli.

DESCRIZIONE
Il prosciutto crudo si ottiene tramite salatura e successiva stagionatura della coscia (arto posteriore) del maiale, in particolare da animali che hanno raggiunto un peso intorno ai 150 kg.; tale taglio di carne è detto infatti “prosciutto”. In nessun caso può essere utilizzato il termine “prosciutto crudo” per definire specialità salate ottenute da altre parti anatomiche del suino, ivi compresa la spalla. Specialità ottenute dallo stesso taglio anatomico in nazioni diverse dall’Italia assumono nomi specifici e non possono essere assimilate al prodotto italiano, soprattutto in virtù del fatto che la specificità del prosciutto crudo italiano risiede nelle particolari tecniche produttive e nella stagionatura in microclimi specifici.

I prosciutti crudi si dividono in due grandi gruppi: i prosciutti ai quali viene asportato lo zampino e parte dello stinco (ad esempio il prosciutto di Parma) e i prosciutti che conservano tali parti anatomiche (ad esempio il prosciutto di San Daniele). Per questi prosciutti esiste un disciplinare che ne regola non solo il trattamento della carne, ma anche la selezione delle razze suine utilizzabili e la qualità e quantità della loro alimentazione, dal momento della nascita al raggiungimento del peso/età per il macello.

LAVORAZIONE
Tutto ha inizio con la scelta dei maiali, che devono avere caratteristiche specifiche, sia in termini di provenienza, che di età e peso. Dopo la macellazione, si prendono le cosce posteriori e si mettono a raffreddare, fino a raggiungere la temperatura di 0 °C. Tale procedimento agevola l’operazione di rifilatura, che consiste nell’intagliare il prosciutto dandogli una forma tonda tramite l’asportazione delle eccedenze di grasso e parte della cotenna. Si passa quindi alla salatura che consiste nel coprire la cotenna con sale umido, mentre per la carne “a vista” è utilizzato il sale asciutto. Alcuni disciplinari di prosciutti DOP escludono tassativamente l’impiego di conservanti, mentre nella maggior parte dei prosciutti prodotti in Italia è consentito l’uso di nitrati nelle quantità previste dalla legge.

La coscia salata viene posta per una settimana in una cella frigorifera, viene poi presa, ripulita e salata di nuovo. A questo punto, la coscia viene messa di nuovo in cella frigorifera per un paio di settimane. Passato questo periodo, il prosciutto è messo in un’altra cella a umidità controllata, dove riposa per non meno di ottanta giorni. Viene quindi lavato con acqua, asciugato e appeso in stanze arieggiate. Durante questo processo, la carne scoperta è ricoperta da grasso di maiale e spezie, per evitare un eccessivo essiccamento (in questa fase perde una buona percentuale di acqua: la parola prosciutto deriva, infatti, dal latino perexsuctum che significa “prosciugato”). Dopo un’attesa di non meno di sei mesi, il prosciutto è portato in apposite cantine dove, a seconda di tipologie e fasce di prezzo, viene lasciato a stagionare.

LA STAGIONATURA
A livello chimico, questa procedura permette di ottenere la cosiddetta Degradazione delle proteine. Le proteine a questo punto si scompongono in piccole unità chiamate aminoacidi, formando le sostanze aromatiche che infondono profumi e sapori specifici ai prosciutti, grazie anche alla Degradazione di Strecker, un processo chimico nel quale gli amminoacidi formano delle aldeidi.
Tra le reazioni che avvengono in questa fase c’è quella dei lipidi, di cui la carne di maiale è ricca, che subiscono una degradazione che influisce in modo determinante su sapore e odore del prosciutto, perché forma dapprima acidi grassi che a loro volta sono trasformati in altre aldeidi.

LA DEGUSTAZIONE Qualche semplice regola di degustazione…

Per gustare al meglio il prosciutto crudo, un cibo all’apparenza semplice ma in realtà molto complesso, occorre seguire qualche semplice regola.

Prima di tutto siamo messi di fronte ad un dilemma amletico che dura da tantissimi anni, taglio a mano o con la macchina? Molti preferiscono uno spessore minimo, una sfoglia, un sussurro (le fette ideali non dovrebbero superare i due millimetri di spessore) che renda panini o antipasti leggeri e morbidi, altri invece preferiscono le fette spesse tagliate a coltello (e io sono uno di questi!!!), capaci di far sentire in maniera decisa tutto il gusto e la sapidità del prosciutto che ci troviamo a mangiare.

Seconda cosa fondamentale è quella di gustare il prosciutto sempre a temperatura ambiente e mai freddo di frigorifero questo per permettere ai suoi grassi di “sciogliersi” al punto giusto e donare al nostro crudo il suo gusto originario.

In ultimo, per gustare il prosciutto in maniera ottimale, è consigliabile accompagnarlo a pane non salato, poiché questo salume ha una propria sapidità che non va alterata.